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Sul valore probatorio della semplice email: quanto vale in giudizio?

Il valore probatorio della semplice email

 

Quale valore hanno le e-mail dal punto di vista giuridico? Una e-mail è equiparabile a un documento sottoscritto o non ha alcun valore? Può una semplice e-mail trasformarsi in una vera e propria prova?  Qual è il valore probatorio della “semplice” email? La risposta non è semplice. E le norme non aiutano tanto!

Oggi, vi è chi ritiene che l’e-mail sia da considerarsi quale semplice documento informatico privo di firma, in considerazione della pressoché assenza di garanzie che consentano di attribuire allo stesso una paternità certa, a nulla rilevando il dispositivo di riconoscimento tramite password per l’accesso alla posta elettronica, poiché quest’ultimo sarebbe privo della necessaria connessione logica con i dati elettronici che costituiscono il messaggio. Secondo tale orientamento, il valore probatorio dell’e-mail sarebbe da rinvenirsi nell’art. 2712 c.c. alla stregua del quale le riproduzioni informatiche, «fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate» solo se colui contro il quale sono prodotte non le contesta tempestivamente disconoscendone la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Art. 2712 – Codice civile
Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Tale orientamento non sembra però condivisibile e preferibile appare quello che ritiene essere l’e-mail un documento informatico sottoscritto con firma elettronica “leggera”, “in quanto il mittente, per poter creare ed inviare detta mail, deve eseguire un’operazione di validazione inserendo il proprio username e la propria password; tale processo di validazione è da considerare equivalente alla firma elettronica leggera.

Firma elettronica semplice o leggera
dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare

In forza dell’articolo 46 del regolamento europeo EIDAS(n.910 del 2014) “a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e la ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica” l’argomento della carenza di sottoscrizione, connaturato ai documenti informatici, non può essere considerato. Quanto ai documenti informatici va rilevato che il codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 82/2005) all’art. 21 prescrive che “Il documento informatico, cui e’ apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio e’ liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualita’, sicurezza, integrita’ e immodificabilita‘.” Sempre il regolamento EIDAS contiene un principio di non discriminazione della firma elettronica rispetto a quella materiale all’articolo 25 che recita: “a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziari per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti delle firme elettroniche qualificate”. Resta così confermato che è ammissibile come prova il documento elettronico anche in assenza di firma elettronica qualificata.

In questa ottica, ritenendo l’e-mail quale documento informatico dotato di firma “semplice”, il valore probatorio della stessa può essere liberamente valutabile dal giudice, «tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità».

Si potrebbe obiettare, tuttavia, che sebbene l’accesso alla casella di posta elettronica comporti l’autenticazione dell’utente, ossia l’inserimento di uno user id e relativa password, potrebbe accadere che tali informazioni siano state in precedenza memorizzate in modo tale da consentirne l’accesso immediato. In tale eventualità, quindi, la paternità del documento inviato non corrisponderebbe al formale mittente del messaggio. Oppure si pensi al caso del messaggio di posta spedito da un indirizzo email che, già prima facie, non si ricollega al nome dell’utente (es. “stellina67@…it” o “forever75@…com”). Sarebbe molto arduo dimostrare il collegamento univoco tra soggetto mittente e soggetto firmatario, pur volendo sfruttare il processo di validazione user+password. Inoltre, sussiste sempre la possibilità che il messaggio di posta elettronica ricevuto venga modificato, pregiudicandone l’integrità, o che un’e-mail mai venuta ad esistenza sia addirittura creata ad arte in modo tale da risultare tra i messaggi di posta ricevuti (o inviati).

Insomma, solo una cosa è chiara: una risposta sempre valida non può darsi in quanto bisogna valutare caso per caso. Tutto starà nelle mani del giudice, che liberamente apprezzerà o non le prove che gli saranno consegnate.

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