Le intercettazioni a mezzo captatore informatico (c.d. trojan)

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Le intercettazioni a mezzo captatore informatico (c.d. trojan)

Le intercettazioni a mezzo captatore informatico (c.d. trojan)
Cassazione penale, sez. SS.UU., sentenza 01/07/2016 n° 26889

 

I captatori informatici (o, per semplificare, i trojan) possono differenziarsi molto l’uno dall’altro ma, in genere, consentono all’utilizzatore di effettuare qualsivoglia genere di attività sulla macchina-bersaglio: consentono di intercettare delle telefonate Skype, di copiare, modificare, cancellare o creare file all’interno della macchina-bersaglio, consentono di ascoltare da remoto i suoni o le immagini catturate dal microfono o dalla videocamera del computer-bersaglio etc. In sostanza consentono all’utilizzatore di fare tutto ciò che vuole sulla macchina-bersaglio anche in una modalità “stealth” ossia celata agli occhi del titolare della macchina-bersaglio. Tali software consentono, inoltre, di nascondere le tracce del loro passaggio o della loro presenza andando a modificare ad hoc determinati file o utilities di sistema finalizzati essenzialmente al monitoraggio dell’attività (pensiamo ai file di log della macchina-bersaglio o ai software di controllo dei processi attivi sulla macchina e così via).

La disciplina generale sulle intercettazioni è contenuta nel capo IV del Titolo III del Codice di Procedura Penale (artt. 266 e ss. c.p.p.). Com’è noto, l’intercettazione rappresenta un mezzo di ricerca della prova attraverso il quale, mediante appositi strumenti tecnici, all’insaputa di almeno uno degli interessati si prende cognizione di comunicazioni telefoniche (cd. intercettazioni telefoniche) o di conversazioni tra persone presenti (cd. intercettazioni ambientali).

In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra presenti, eseguite per mezzo dell’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (personal computer, tablet o smartphone), le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– deve escludersi la possibilità di compiere intercettazioni nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen., con il mezzo indicato in precedenza, al di fuori della disciplina derogatoria per la criminalità organizzata di cui all’art. 13 d.l. n. 152 del 1991, convertito in legge n. 203 del 1991, non potendosi prevedere, all’atto dell’autorizzazione, i luoghi di privata dimora nei quali il dispositivo elettronico verrà introdotto, con conseguente impossibilità di effettuare un adeguato controllo circa l’effettivo rispetto del presupposto, previsto dall’art. 266, comma 2, cod. proc. pen., che in detto luogo «si stia svolgendo l’attività criminosa»;

– è invece consentita la captazione nei luoghi di privata dimora ex art. 614 cod. pen., pure se non singolarmente individuati e se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica, secondo la previsione dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991;

– per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.

Presidente: G. Canzio

Relatore: V. Romis

Cass. Penale_Sentenza n. 26889 ud. 28_04_2016

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